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Dicembre 2020
COLLANA: I Saggi – 15
ISBN: 978–88-85622–95‑1
Oggi possiamo dire che l’Unione Europea, dopo essere stata bersagliata a lungo da aspre critiche legate al ruolo dell’euro, alle politiche di austerità e alla sua incerta Governance, ha fatto molto, in poco tempo, per contrastare i devastanti effetti economici della pandemia: ha sospeso le regole del Patto di stabilità e crescita, consentendo ai singoli Paesi di poter spendere senza più vincoli di disavanzo e debito; ha sospeso le norme che impedivano gli aiuti di Stato alle imprese in difficoltà, per consentire l’erogazione della necessaria liquidità all’economia; ha tolto ogni condizionalità ai prestiti del MES per le spese sanitarie dirette e indirette degli Stati membri fino al 2% del PIL di ogni Paese; la Commissione ha poi previsto il sostegno temporaneo (SURE) alle casse integrazioni nazionali, con prestiti ai governi fino a 100 miliardi complessivi, e la BCE ha varato, dopo alcune esitazioni iniziali, un piano di acquisti di dimensioni senza precedenti, per oltre 1000 miliardi di titoli pubblici e privati (il cosiddetto programma PEPP). Il libro di Paganetto nel sottolineare questa radicale evoluzione delle regole europee e la straordinaria lungimiranza del Next Generation Eu Facility, il Piano di interventi che prevede finanziamenti per 672,5 miliardi distribuiti ai paesi EU (360 miliardi come grants e 312,5 miliardi come prestiti), osserva che, con un conteggio di larga massima, che mette assieme tutti gli interventi, si arriva a quello che è stato definito un “Piano Marshall EU”, pari a circa 2,400 miliardi. L’Autore, nel tracciare un quadro analitico e molto documentato dell’Europa di oggi non manca di sottolineare che, superata la crisi, ci aspettano appuntamenti assai difficili. Il Gruppo dei 20, da quando lui stesso l’ha fatto nascere una decina di anni fa, si è concentrato sui problemi che l’Europa deve affrontare. Da qui è nata l’idea che occorra Rivitalizzare l’Europa, insegna con cui lavora questo gruppo di personalità di grande qualità, che hanno esperienze diverse, curricula in Istituzioni nazionali e internazionali, ma sono unite dalla convinzione che il salto di una maggiore integrazione e sviluppo europeo si possa e si debba fare. Se la storia ci ha consegnato una crisi pandemica ed economica di enorme impatto cui stiamo reagendo nella maniera giusta, non dobbiamo dimenticare che la fragilità dell’Europa non è alle nostre spalle. Appena l’avremo superata dovremo affrontare gli straordinari cambiamenti che il mondo ci ha messo di fronte e solo vincendo questa sfida potremo dire che avremo rivitalizzato l’Europa. L’attenzione di Paganetto è concentrata sulla concomitanza tra la crisi pandemica e le sfide globali che l’Europa deve fronteggiare. La prima parte della sua analisi è dedicata a esaminare, per un verso, le conseguenze dell’invecchiamento della popolazione europea su produttività, welfare e crescita e gli effetti positivi che potrebbero avere migrazioni ben regolate, e, per altro verso, quelli della transizione energetica e dei conflitti commerciali in corso per la supremazia tecnologica, in particolare tra Cina e USA. In materia tecnologica ci sono due aspetti chiave. Il primo è il mancato aumento della produttività a dispetto dei grandi progressi della tecnologia e dell’aumento degli investimenti in “intangibles”, quali software e intelligenza artificiale. Il secondo è il raccorciamento delle catene del valore collegato ai rischi e alle incertezze di un mondo dominato dalla pandemia. Dobbiamo prendere atto che non ci sono soltanto i grandi del mondo (a cominciare da Cina, USA e Giappone) ma nuovi competitors globali, come i Paesi del Sud-est asiatico, e le nuove aggregazioni di libero scambio quale la recente (Rcep) tra Asean, Australia, Cina e Giappone. L’integrazione tra le diverse aree del mondo tende a ridefinirsi. Un’Europa che guardi al Mediterraneo non sarebbe solo un grande vantaggio per il nostro Mezzogiorno ma lo sarebbe anche per le nuove rotte del commercio e per l’adozione di tecnologie cui i Paesi della sponda sud del potrebbero partecipare, come è facile pensare per il caso delle grandi reti e i collegamenti di energia solare da realizzare nelle aree desertiche del Sahara. È con le “nuove fabbriche del mondo” come quella già realizzata dai Paesi del Sud-est asiatico che bisogna confrontarsi. Conta, in questo quadro, la capacità dell’Europa di puntare su quella leadership tecnologica e capacità d’innovazione, diminuita nel tempo e che, intanto, è diventata il terreno di scontro tra USA e Cina. È impressionante il divario di peso delle giovani imprese innovative negli Usa ed in Europa documentata da Paganetto. Il rischio che l’UE possa uscire perdente in questo scontro sta a fondamento del cambiamento di policy in atto nell’Unione con l’idea che, in quest’ottica, bisogna tenere assieme, anche finanziariamente, tutti i Paesi, Italia compresa, per realizzare uno scenario in cui il successo dell’azione su sanità e vaccini faccia sì che la domanda interna EU continui ad alimentare la crescita, con un impegno finanziario altrimenti non giustificabile. Le scelte dell’EU in materia di economia verde sono importanti, non solo per le loro implicazioni, per la sostenibilità dello sviluppo, ma soprattutto per l’opportunità che esse offrono di utilizzare i processi innovativi che sottintendono. Reti in fibra e 5G sono decisive per lo sviluppo a ragione dell’effetto trasformativo delle tecnologie sulla maggior parte dei settori dell’economa. La pandemia sta portando, tra le altre conseguenze, un aumento del ruolo dello Stato nell’economia che, seppure non è da esorcizzare, deve essere coniugato con concorrenza e mercato. Non è lo “Stato imprenditore” che può risolvere i problemi della crisi economica che stiamo attraversando. Non è l’intervento a salvaguardia della “zombie economy” che ci può salvare. Nei prossimi anni vivremo l’esperienza schumpeteriana della distruzione creatrice, vedremo crescere i “non performing loans” e non per questo dovremo farci trascinare verso la scelta di un sostegno indiscriminato a chi è in crisi ma dovremo selezionare le imprese in crisi temporanea e capaci di riprendersi dalle altre che non ce la faranno. E dovremo, in quest’ottica, predisporre nuovi strumenti di sostegno per l’occupazione e per la formazione. Ci sarà un gran bisogno di un nuovo welfare e di formare nuovi skills perché l’intelligenza artificiale sta modificando il quadro delle competenze e l’automazione dei processi produttivi è in marcia da tempo. Se tutto questo è vero, fa notare Paganetto, è anche vero che l’esame dell’evoluzione della Governance EU porta alla conclusione che il successo nel fronteggiare queste sfide è strettamente legato alle riforme del sistema di regole che la disciplinano e che l’EU riuscirà a realizzare nei prossimi anni. C’e’ bisogno di un’Europa che ripensi in questa chiave le sue policies monetarie e fiscali, in modo che esse siano coerenti con la scelta, ormai fatta, di una politica industriale per innovazione e sviluppo sostenibile, che si aggiunge alla tutela della concorrenza e del mercato. Questa scelta potrà avere successo se nella revisione della Governance EU prevarrà una decisa riduzione del peso del metodo intergovernativo nei processi decisionali e se verranno trovate le risorse di bilancio necessarie a fornire alla collettività quei “beni pubblici” di cui si sente tanto la mancanza. E l’Italia? L’Italia deve fronteggiare una nuova fase in cui è necessario affrontare con spirito progettale le sfide che il mondo prospetta all’EU e a noi. Abbiamo avuto sin qui un governo che, al di là delle sue benemerenze, non ha trovato le forze e le convergenze che sono necessarie per fare il passo in avanti che è necessario su crescita e produttività, non solo attraverso Next Generation, che ne può rappresentare solo l’innesco, ma soprattutto attraverso la creazione del clima adatto e lo stimolo in materia di competitività e investimenti per il settore privato dell’economia. L’auspicio è che questo clima sia quello che si produrrà nel prossimo futuro.
Luigi Paganetto, Professore emerito; Presidente della Fondazione Economia — Università di Roma “Tor Vergata” — FUET; Coordinatore del “Gruppo dei 20 — How to Revitalize Anaemic Europe”; Vice Presidente della Cassa Depositi e Prestiti; Presidente del Comitato Rischi CdA di Cassa Depositi; Docente di Economia Europea presso la Facoltà di Economia “Tor Vergata” e presso la Scuola Nazionale dell’Amministrazione — SNA; Segretario Generale del Villa Mondragone International Economic Seminar; Membro del Board Bruegel; Permananet Fellow dell’International Economic Association; Foreign Member del Center on Capitalism and Society — Columbia University. Già Preside della Facoltà di Economia dell’Università degli Studi di Roma “Tor Vergata”; Presidente dell’ENEA; Segretario Generale dell’International Economic Association; Consigliere Economico del Governo cinese per la Provincia dello Jiangsu; Rappresentante italiano nell’High Level Group per la Strategia di Lisbona; Vice Presidente del CNR; Rappresentante italiano nel Comitato per la politica economica dell’OCSE. Autore di articoli e libri nel settore della macroeconomia, dell’economia internazionale, dell’economia industriale ed europea, dell’energia e dell’ambiente.