Settembre 2013
pp. 145
COLLANA: Tempi Moderni – 8
ISBN: 978-88-97931-12-6
Prefazione di François Géré
Un libro sulla Cina, qualunque sia l’intenzione iniziale dell’autore, diventa inarginabile, trasversale e vasto come il soggetto di cui si scrive. Filosofia, Religione, Antropologia, Geopolitica, inevitabilmente si intersecano in uno scenario complesso e affascinante che rappresenta l’avventura umana. L’Islam è arrivato in Cina attraverso percorsi impervi e sconosciuti, a dimostrazione che la geografia fisica non basta a impedire il contatto tra civiltà. La via della seta, i mercanti portatori di stili di vita diversi, poi l’incontro con le culture stanziali e nomadiche dei fiumi, dei deserti e delle steppe.
L’Islam in Cina, una proiezione che ci porta, di conseguenza, a definire l’identità del cinese, la natura territoriale della Cina mitica e storica. Ci induce a delineare i caratteri odierni di un continente formato da 56 etnie di cui 10 di cultura islamica (sostanzialmente sunnita) e una, la Han, maggioritaria, più o meno in grado di assimilare le altre, in un ibrido sistema politico-economico determinato dal partito comunista.
Un macrocosmo che certamente contribuirà a disegnar l’atlante futuro delle relazioni umane e influenzerà le scelte di politica internazionale dell’Europa. La religione islamica, d’altro canto, condizionerà nei prossimi anni le scelte di politica interna e internazionale della Cina, soprattutto alla luce degli eventi che hanno caratterizzato la cosiddetta “primavera araba” e sotto il vento che spira dal nord Africa al Medio Oriente, nella direzione decisa dell’Eurasia, con presumibili conseguenze sui rapporti tra etnie musulmane cinesi e governo centrale. I musulmani cinesi hanno accolto con gioia la vittoria elettorale dei fratelli musulmani in Egitto, non tanto o non solo per affinità religiosa, ma soprattutto perché è un evento che allevia, in una prospettiva di speranza, la condizione di isolamento percepita e la frustrazione per l’assenza di aspettative di riforma.
Il dilemma della politica Han verso le aree occidentali islamiche: se il governo centrale e la nuova dirigenza emersa dal XVIII Congresso Nazionale, spinge sull’acceleratore del nazionalismo politico-economico, presta il fianco a scomposte reazioni sotto il generico vessillo della religione. Parimenti, se non investe sufficienti risorse nell’istruzione e lo sviluppo sociale, se non valorizza il contesto, può esporsi a pericolose ingerenze religiose e culturali esterne (sunnite e sciite) nell’educazione e la formazione dei giovani cinesi musulmani, con il rischio di avere presto in casa un campo di battaglia tra diverse fazioni politico-religiose. Una escalation di conflittualità che potrebbe minare la stabilità economica e addirittura mettere in pericolo l’autorità del governo centrale. Il dilemma cinese è infondo il nostro. Come colmare la lacuna tra noi e l’Islam? Forse rendendo omogenee e funzionali le differenze, piuttosto che a tutti i costi uguale la diversità?
Vittorio Pagliaro, 53 anni, esperto in relazioni internazionali, già docente presso diverse università italiane, tra le quali l’Università di Teramo, la LUISS di Roma e la Link Campus University di Roma. Membro del Comitato Direttivo dell’Associazione Italia-Cina. Attualmente impegnato nei corsi di Sociologia Generale e Sociologia Politica presso la Seconda Università degli Studi di Napoli, facoltà di Psicologia, sede di Caserta.